MARIA, 20 ANNI, STUDENTESSA UNIVERSITARIA.


Ricordo all’asilo si giocava ad una tombola, al posto dei numeri vi erano dei disegni per bambini (una mela, un pallone, una matita). Vedevo tutti gli altri bambini giocare alla tombola e pronunciare il famoso “ambo, terno….tombola!” Io ricordo di stare seduta su una sedia a guardarli, o a cercare di far qualcos’altro per non far notare il mio disagio, per non essere chiamata ed essere messa al centro dell’attenzione di tutti.

Un’altra volta invece c’era una festa di carnevale…ricordo che tutti erano a ballare e giocare nel salone…io ero seduta nell’aula, sola…mi ricordo che arrivarono poi i miei genitori e si arrabbiarono molto del fatto che fossi sola, mi chiesero come mai non fossi con gli altri, perché fossi così asociale.

Soffrivo molto nel vedere i miei genitori insistere nel farmi parlare, soffrivo quando li sentivo parlare tristemente con i loro amici, quando dicevano che non sapevano perché mi comportavo così, quando cercavano di farmi parlare, ma inutilmente…

Ricordo molto bene di aver iniziato a parlare con quelle persone che maggiormente mi trasmettevano un senso di affetto, tenerezza, sicurezza, e il tutto lo sentivo così spontaneo, naturale, sentivo che davvero quella persona che mi era al fianco era una persona vera, che parlava con me perché aveva veramente voglia di parlare, non sopportavo l’idea che venissi, come dire, sfruttata…che qualcuno parlasse con me solo perché doveva farlo e non perché lo desiderava…

Ho iniziato a parlare con uno zio con il quale non parlavo mai: lui mi ha sempre considerato normalmente, non ha mai detto come tutti gli altri zii “parla, parla, quando parlerai”. No, quando parlava di me e dei miei cugini, mi trattava come gli altri ed era tutto così spontaneo. Una volta ci trovammo per caso a passeggiare insieme (può anche essere che fosse stato organizzato, ma l’importante è che in quel momento non sembrava così)…mi fece qualche domanda e risposi con tono di voce molto basso, ma lui non mi chiese di ripetere o di alzare la voce, andava bene così…wow! era proprio come desideravo! Le parole poi mi sono uscite così spontanee, ero felicissima, davvero!

Una volta iniziai a parlare con un parente, il quale quando mi sentì rispondere ad una sua domanda disse: “cosa ? cosa ? ha parlato! miracolo! ripeti cosa hai detto? ripeti! ripeti? fammi sentire di nuovo!” : da quel giorno quel parente non sentì più la mia voce…diventò così antipatico!

Mi accorgevo sempre quando i miei genitori si mettevano d’ accordo con amici per farmi parlare…decidevano così di farmi passare del tempo con loro, di farmi camminare in un parco con loro, ma io sapevo questo: anche se ero piccola ho imparato ad ascoltare la gente così tanto che ora sono in grado di capire la personalità di una persona in pochissimo tempo…sapevo che tutto era organizzato per me…e così non ottenevano mai niente…la cosa che mi faceva male davvero era il fatto di sapere che poi i miei genitori si sarebbero incontrati con questi amici per chiedere “I risultati della passeggiata al parco” e questo mi dava fastidio…mi sentivo davvero una persona diversa, inferiore, con un problema grande.

Con altre persone invece era diventata come una sfida: ogni volta che mi incontravano dicevano “voglio vedere quando mi parlerai, quando dirai una parola”. Questo provocava in me un desiderio di sfida…il MS era come diventata una difesa, un alibi, un mondo nel quale mi sentivo protetta…e non parlare mai alle persone che ogni volta mi provocavano era come vincere la sfida…mi sentivo soddisfatta del fatto che non riuscissero mai a sentirmi…mi sentivo un po’ antipatica…ma la trovavo come unica soluzione…iniziare a parlare davanti a quelle persone così prepotenti mi avrebbe fatto sentire ridicola, per questo sceglievo la soluzione del silenzio…sembrava stessero aspettando che parlassi come si aspetta che un pappagallo pronunci qualche parola…che cosa imbarazzante!

Ma non ne godevo più di tanto. Il mio problema erano i genitori, i miei nonni che sentivo erano preoccupati per me…avrei tanto voluto parlare quando ero piccola, ma davvero, era una cosa molto grande, era tutta la gente intorno che mi ha chiuso di più…le provocazioni mi hanno ossessionato! Le persone che più mi hanno aiutato sono state quelle che hanno parlato con me con estrema naturalezza senza avere un atteggiamento ossessivo nel cercare di farmi parlare…

Consiglierei davvero di non chiedere al bambino ms “dimmi una parola, dinne almeno una, parla, di’ come ti chiami”…davvero, sono delle frasi che mi hanno chiuso tantissimo…queste persone non capiscono che i bambini con il mutismo selettivo non sanno neanche loro come è iniziato il tutto…quindi come si fa a chiedere “perché non parli” NON CHIEDETELO MAI! Ogni volta che mi veniva chiesto “perché non parli” ? ce l’ hai la lingua ? ” soffrivo dentro, perché il mio desiderio di parlare era davvero grande…

Soprattutto gli amici di famiglia e i parenti non dovrebbero mai fare domande dirette né FARE DOMANDE QUANDO C’E’ SILENZIO…forse può sembrare una sciocchezza, però io ricordo che mi aiutò molto.Ricordo infatti un’altra volta in cui ho iniziato a parlare con una zia (avevo circa 14 anni): lei mi fece una domanda mentre intorno a noi si parlava molto, c’erano altre persone che parlavano senza vedere me, senza farmi sentire protagonista…sì…mi sentivo un po’ riparata…ho avuto il coraggio di risponderle, perché lei era molto dolce, e mi parlava come se stesse parlando A SUA FIGLIA, AD UNA PERSONA NORMALE, non sembrava ASPETTARSI LA MIA RISPOSTA, non parlava come se avesse escogitato un modo per farmi parlare…Mi sembrò tutto così semplice.

I bambini selettivamente muti sono sensibili ed attenti, diventano molto sospettosi, più attenti, riflessivi…ed è facilissimo scoprire ed accorgersi quando una persona fa FINTA DI PARLARE CON LORO SOLO PER FARGLI DIRE QUALCHE PAROLA !!!

Io me ne sono sempre accorta…ad esempio mia madre diceva: “vai con tua zia, fai un giro per il giardino, deve farti vedere una cosa”…capivo subito che il tutto era organizzato e che avrei dovuto aspettarmi una marea di domande, ed infatti ogni volta non rispondevo perché mi dava fastidio il fatto che avrei dovuto far vincere questo stupido complotto…

Altre volte invece mi accorgevo che una zia, o un amico mi parlava normalmente come quando parlava con altri e quindi mi sentivo di rispondere. Ora ho 20 anni, ho capito, pensando a tutto quello che ho passato, che il segreto di tutto sta nel trasmettere al bambino che se lui parlerà, non si troverà di fronte un parente o un amico che esulterà dalla gioia se lo sentirà parlare, che non dirà “finalmente ha parlato”: è tutto qui il segreto…se si trova una persona con queste caratteristiche, davvero, il bambino inizierà a parlare e tutto poi verrà spontaneo, inizierà anche a trovare il coraggio di parlare con gli altri e man mano parlerà con tutti.